INTRODUZIONE DI UN OCCHIO SUL SOCIALE

VIVENDO...un'OCCHIO MI è caduto sull’ingresso della marca di abbigliamento nel mondo infantile e si è messo adv indagare fino a che grado di profondità si sia insidiata in esso, ovvero se la marca di abbigliamento, oltre ad essere entrata nell’armadio del bambino, sia permeata nel suo immaginario.
Il mio progetto è nato dall’osservazione di un nuovo evento: l’arrivo della marca di abbigliamento, prima esclusivamente adulta, nel mondo infantile.
La mia attenzione è stata catturata non tanto dalle marche progettate per l’infanzia, che definiremo “tradizionali” quali Prenatal, Chicco, Gusella ma dalle cosiddette “top brand”, Armani, Dolce&Gabbana, Liu-Jo, Guess, ecc. che hanno recentemente scoperto nel “baby” un nuovo target cui destinare intere collezioni. In seconda battuta anche le marche lusso, quali Gucci, Chanel, Dior, hanno cominciato a creare singoli capi per i più piccoli.
Le prime, tradizionali, hanno già quasi un secolo di storia. Sono nate come abbigliamento studiato appositamente per il bambino o il neonato. Si tratta di capi che si sono modellati sull’infante, si sono conformate ai bisogni specifici di questi creando vestiti che rispondono ad esigenze di praticità e libertà di movimento. Hanno voluto associarsi ad un immaginario vicino al piccolo legandosi a momenti di svago, quotidiani, familiari: il gioco, il riposo, il divertimento.
Le marche che oggi stanno popolando sempre più i guardaroba dei bambini sono invece quelle nate per l’abbigliamento adulto, quelle che nate per la moda per i grandi, negli ultimi anni si sono occupate anche della creazione di linee Junior. Armani, Richmond, Dolce&Gabbana hanno esordito nell’abbigliamento per bambini e non a partire dalle esigenze di questi ultimi ma estendendo i valori legati al proprio nome anche al mondo infantile. Il trimestrale “Moda Junior”1 annuncia l’ennesimo stilista che varca la frontiera baby. «Gaultier firma il bebè. Distribuita nei migliori showroom di Milano, Parigi e New York, dall’autunno 2009, comprende centoventi capi e accessori dedicati a maschietti e femminucce dai 2 ai 14 anni, assolutamente in linea con lo stile della maison»2.
Così le marche di moda, nate come oggetti per adulti, si sono insinuate nei piccoli e lo hanno fatto intrecciando le proprie immagini, con attente strategie di marketing, a quelle che popolano l’immaginario infantile.
Il progetto prende le mosse dall’analisi di questo neonato avvento.
I primi capitoli sono volti a scoprire le cause, attraverso l’analisi della letteratura scientifica che ha rappresentato il punto di partenza, imprescindibile per situare correttamente il tema, che hanno portato la marca adulta ad infiltrarsi nel guardaroba infantile.
Nel percorso di esplorazione dei principali motori che hanno dato avvio al neo ingresso pongo le basi per indagare, nella seconda parte, il grado di profondità in cui il brand di moda si è insidiato nel mondo dei più piccoli.

La prima parte analizza le cause motrici della quasi fusione di due mondi un tempo messi a parte l’uno dall’altro che li porta alla condivisone dell’immaginario di un oggetto in comune: la marca d’abbigliamento.
Nella prima parte sono state prese in considerazione le principali teorie e le pubblicazioni riguardanti i possibili motori di un avvicinamento, tra bimbi e adulti, tale da portare gli “oggetti dei grandi” a poter far parte del “corredo infantile”. Questo movimento si può considerare doppio, di andata-ritorno e per comprenderlo a pieno è necessario procedere da entrambi gli estremi. Da un lato si ha il mondo adulto che si appropinqua al mondo infantile, dall’altro l’approssimazione dell’infante all’adulto.
Cause motrici del doppio avvicinamento sono:
I. Primo motore
Il passaggio da una comunicazione essenzialmente scritta ad una principalmente visiva.
II. Secondo motore
La scomparsa dell’infanzia dietro la nuova immagine di bambino-adulto e la conseguente costruzione, nel bambino, della realtà e di sé, a partire da un immaginario multimediale
Queste sono le due principali cause di accostamento di immaginari. Dal momento che nella società postmoderna gli oggetti e le identità adulte si costruiscono attingendo da immaginari veicolati dai media, dal momento che il bambino dà forma al proprio immaginario prelevando immagini e simboli dal mondo mediatico, si sta assistendo ad un avvicinamento delle modalità di rappresentazione della realtà del bambino e dell’adulto. Ciò comporta dei cambiamenti in termini di socializzazione infantile, ad una confusione tra reale e fantastico, allo sconfinamento di modelli e valori adulti/mediatici nella sfera del gioco, anche ed oltre lo spazio e il tempo del gioco.
III. Terzo motore
Causa determinante l’ approssimarsi di bambini e adulti, soprattutto in termini di percezione di sé e degli altri, è la diffusione dell’apparenza e dell’immagine quali valori maggiormente trasmessi dai media. Sono questi i valori dominanti nell’attuale società mediatica, o società dell’immagine, che penetrano entrambi i mondi.
IV. Quarto motore
Ultima causa di accostamento di mondi e immaginari che ha scatenato il fatto oggetto della mia indagine, ingranato dai grandi e alimentato dai piccoli, è il consumismo che muove la società. Questo si spinge sapientemente in ogni dove, fin dalle culle, poi nel gioco, nelle Barbie, nei palinsesti, ed ora negli abiti griffati dei nuovi “baby-consumers”.

La seconda parte della tesi prende le mosse dall’analisi del significato che abito e brand assumono nell’attuale società.
Analizzo dapprima l’evoluzione del concetto di marca postmoderna: cosa rappresenta oggi per il consumatore, cosa comunica e in che modo. In particolare concentro la mia attenzione sugli elementi che permettono a quella contemporanea di avvicinarsi al mondo infantile. Il primo punto è la dematerializzazione della marca postmoderna, la sua valenza simbolica, soprattutto dei beni ad alto contenuto simbolico come l’abbigliamento, e della relazione che essa intesse con l’immaginario, di come essa si costruisca prelevando simboli dall’immaginario collettivo, alimentandolo.
Procedo poi nell’approfondire la funzione comunicativa del vestito, come sia mutata nei secoli al mutare della società e dei valori che si muovono in essa. Fino a giungere al brand come strumento più immediato e forte di cui l’abito si è appropriato per comunicare l’immagine degli individui che lo vestono.
L’ultimo punto che tratto è il vestito infantile. Muovendomi dalle teorie di Stone che sviluppa quelle che negli anni ’50 sono state indicate come funzioni dell’abito del bambino nelle varie fasi di vita, giungo ad analizzare quelle che oggi assume per i piccoli preadultizzati.
L’ultimo concetto è così l’abbigliamento infantile: prima marca che vestito.
Attraverso l’analisi della nuova relazione che, spinta dalle più diverse agenzie di socializzazione ai consumi, si è instaurata tra il bambino e la moda arrivo ad analizzare e documentare quella che ora lega anche i piccoli alla marca fashion adulta.
Conclusa l’analisi teorica del fenomeno in sé di diffusione di brand adulti nella dimensione infantile la mia indagine si conclude con la verifica sul campo della conoscenza che il bambino ha delle marche, di ciò che la marca vestimentaria rappresenta per lui, delle posizioni e decisioni che questi è in grado di assumere riguardo ad essa e dell’uso che ne può e sa fare.

La mia indagine si realizza attraverso interviste a bambini dai 7 agli 11 anni ai quali chiedo in primis il recall di marche di abbigliamento da loro conosciute (quali indossano, quali vorrebbero avere, ecc) e successivamente chiedo ai bambini di vestire i personaggi di alcune fiabe e cartoni animati che sottopongo loro. Questo mi permette di capire se e quanto la marca di abbigliamento si sia insidiata nell’immaginario infantile, se ad un livello di significazione astratta di prestigio che tale oggetto può conferire oppure se sia presente con immagini e significati specifici.
Utilizzo immagini prese da fiabe e cartoni animati come strumento d’indagine per due ragioni. La prima perché sono familiari al mondo del bambino e quindi di facile approccio. Il secondo motivo è perché attraverso la capacità o meno di abbinare marche a immagini preesistenti nell’immaginario posso verificarne l’interiorizzazione da parte del bambino. Ovvero se al pari dei personaggi delle fiabe e delle Winx siano nomi e simboli presenti nell’immaginario infantile con tratti ben marcati e caratteristiche che ne delineano una forma.
Verifico così attraverso le interviste se i mutamenti sociali e culturali che hanno coinvolto sia mondo adulto che mondo infantile abbiano portato la marca di abbigliamento ad essere riconosciuta, se stia influenzando la percezione di sé e degli altri e se, infine, sia divenuta un simbolo dell’immaginario legato a valori, significati, emozioni, sensazioni che il bambino è in grado di riconoscere e utilizzare per veicolare una determinata immagine di sé.

Commenti