C'ERA UNA VOLTA PUNTO

“C’era una volta….”

Cerco la correttrice di bozze. Dopo tre squilli attacca la segreteria telefonica. Sono le 23. Riprovo, spero in una stagista disperata. Risponde una voce assonnata.

«Tre stanghette, segna tre stanghette!». Le dico, forse urlo. «Ci sono tre puntini di troppo, di sospensione accidenti. Quello è un punto fermo». Lei segna. «Non può andare in mano al redattore così. Quel punto è fermo, tre stanghette, tre stanghette».

Riprendo a leggere. “C’era una volta.///” sì C’era perché ora non c’è più.

“C’era una volta.”, perché non è una favola. Riprendo a leggere. Sulle stanghette di bozza scivolano tre lacrime. Forse solo quelle possono cancellare un errore così grave e farmi trovare la voglia di licenziare il passato e non la correttrice di bozze. Nessuno fa mai bene il proprio lavoro. Nemmeno la storia, nemmeno il destino.

Sia chiaro Non è nemmeno una fiaba. “C’era una volta punto”.


E’ la storia di un uomo, di 39 anni e di una ragazza, di 27: un po’ immatura, un po’ sognatrice forse, di quelle che credono ancora negli angeli. Quell’angelo aveva preso, da tre anni ormai, il nome di Lorenzo o Aldo. Martina ci giocava finchè non si presentarono, lui era Lorenzo e lei lo credette sempre un po’ romano. Un angelo romano in un freddo febbraio che si affacciava con fare lento alla Primavera.

Martina era da tempo morta e sopravvissuta ora aveva semplicemente sperato, in quell’incontro. Per lei valeva molto più di lui. Due occhi distratti, come da interminabili ore di storia di ogni genere, ora la vedevano. Un attimo e la notò. Non poteva che essere la luce di un’altra occasione, che un mito, una fiaba, una donna le avevano chiesto di aspettare. Martina aspettava, più che altro s’indaffarava da due anni e passa per riprendersela la sua rivincita: contro se stessa. Ma quegli occhi erano una chance. Lei, mezza cieca da un occhio ne scorse l’intensità. In due occhi distratti che dopo anni la vedevano scorse la sua seconda chance. Non le dava contro, le porse solo la mano.

Ai primi di Marzo, le Idi, tutto questo nascere e morire aveva l’odore dei fiori che sbocciano. Margheritine bianche: piccole, fragili. Dall’aula al piano terra, B02, gli occhi assonati di Martina le scorgeva rinascere vestite di un nuovo splendore che l’Inverno aveva cancellato sui prati. Prima ora, lezione di “Storia dell’Europa dell’est”. La porta rimaneva sempre un po’ aperta dietro Lorenzo. L’odore della rugiada che copriva il manto bianco inebriava l’aula e ci riportava alla lezione. Il mio sogno continuava. Me lo ricordo quell’odore. Come rimane incollato ai luoghi, lo rimane anche ai sogni. Quella morte, tutta quella rinascita adesso sanno di caffè bruciato. Amaro, da buttare. La cialda no, ci nasceranno sopra nuove margherite.

C’era una volta un abbraccio. Era nostro. Mi ricordo la piastrella precisa in quella piazza trafficata nel cuore di Barcellona. Non saprei tornarci,perchè non c’è più. Né l’abbraccio, né quel po’ di noi. Sarei rimasta lì tutta notte, solo per mettermi intasca ogni frame, essere fotografata perché i fantasmi, la luce dei fari che svanisce e ti lascia nel buio Non li contengo. Come faccio invece con le urla, le lacrime, ripensando a quella notte.

Non era tardi. Le tue parole, le sue, hanno sfiorato le mie orecchie “Martina tieniti tutto di questi giorni preziosi. Io ti voglio bene, tutti te ne vogliamo”. Movimenti lenti, uno sguardo fugace, un colpettino alla testa, di quelli che ti fan sentire bambina in un attimo e che creano attesa.

”Martina mi raccomando stai bene”. Oggi lo vorrei tanto. Ma gli abbracci li ho visti spezzarsi, sgretolarsi, davanti ai miei occhi nei suoi. Non c’è più nulla che ci appartiene. Nulla di quellaa nostra amicizia, un po’ anticonformista, un po’ ruscello nella roccia, un po’ troppo profonda per i più ma non per noi.

Ma tu hai deciso. Meglio seguire la scia.

Commenti

  1. Ciao Carla è molto bello il tuo blog, l'ho letto tutto! molto intenso davvero! Complimenti!

    Un bacione

    Chiara

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