PERMESSO



Sono entrata, in punta di piedi, in case che sentivo ripetere “familia".
Diversi nomi con un dolce accento rumeno le distinguevano le une dalle altre: Bradului, Pinocchio, Speranza, Stefan, Iulius. Sento il rumore della porta della macchina che ho sbattuto dietro di me prima di affacciarmi, toccare, sentire mondi che non conoscevo, storie troppo dure che stridevano coi dolci sorrisi che quasi tutti i bimbi e i ragazzi dai 5 ai 17 anni mi hanno offerto. Ed ora ho difficoltà ad associare un nome ad una casa perché l’unica cosa che riesco a mettere assieme sono gli occhi di bambini, i loro nomi, la loro vita, i  gesti, gli sguardi. Sguardi. Talvolta sorridenti, talvolta tristi, timidi, o di sfida. Perle attorniate da visi che si stagliano nei miei pensieri e si muovono nel cuore.
Eccola la prima che affiora in superficie.
La rivedo, caschetto moro, occhietti vispi, entrare ed uscire dalle porte che non le sono mai state aperte nella vita. Si aggirava tra noi mezzi adulti, senza mai sfiorarci e appena allungavi una mano sul suo viso o i suoi capelli, gesto spontaneo, lei alzava il suo musetto, con gli occhi ti latrava contro “non permetterti”, spariva e dopo qualche istante eccola di nuovo nel suo trotterellare tra gli spazi creatisi tra corpi, quasi cercasse di schivare tutto e tutti, ma con un folle desiderio di essere vista e amata.
Talora concedeva uno sguardo complice, ma solo quando si aggirava in cucina dietro ad una tenda, forse il suo ambiente caldo e protetto. Mi sono sentita speciale ad incrociare due occhi da cerbiatto e avere il permesso di potere scavare oltre la superficie. Solo qualche attimo e poi riprendeva, quale fosse una marcia militare, con quel suo fare da maschiaccio, con passi che ti raccontavano di essere sicuri e saldi mentre la sua vita era fatta di sabbie mobili, un futuro incerto e la richiesta che queste donne continuassero a prendersi cura di quel poco che del suo futuro prossimo sperava. Una casa, donne fidate a cui stringere una mano, la presenza costante del team di SOS BAMBINI, un pasto, un gioco e bambini da potere schivare. Senza, il suo girovagare sarebbe stato vano, vacuo, nessuna sfida, solo quella con la sua vita. Invece rialzando gli occhi vedeva almeno dieci persone da attraversare senza toccare. Credo fosse un sospiro di sollievo, il suo.
Adriana non faceva altro che entrare e uscire e attraversare, senza mai fermarsi, senza mai voltarsi. Questo era il ritmo che probabilmente placava una vita passata inenarrabile e su cui lei non voleva più soffermarsi. Le bastavano le notti talora interminabili per rivedere braccia che l’avevano strappata alla sua infanzia, ad una cosa che lei aveva imparato chiamarsi "familia". E non andate a raccontarle che quegli occhi che ha amato almeno per pochi istanti, quel corpo su cui si è soffermata, accidenti a lei, quelle parole che la cullavano si chiamasse “mama”: la prima parola che questi bimbi desiderano disimparare per poi chissà un giorno, una piccola speranza, di trovarne una, di divenirne una.
Ma ad un tratto Adriana da soldatino si trasforma in qualcosa che non ti aspetti. La vedi prendere un foglio, disegnare un cuore con grande abilità, scrivere il nome della bimba che non riusciva a disegnare quella forma in modo altrettanto disinvolto e firmarlo Denise. Adriana nel suo incedere si era resa conto di tutto, della difficoltà di Denise, del suo correre contro il tempo per donarci un disegno da consegnare alla famiglia che l’aveva ospitata in Italia. Era prezioso per lei, era in preda al panico nel vedere i nostri passi dirigersi verso l’ingresso senza il suo disegno, il suo piccolo dono. Adriana non ha certo asciugato gli occhi di Denise o le ha messo una mano sulla spalla. Ha preso un foglio, ha disegnato un cuore, l’ha firmato Denise, lo ha piegato, consegnato alla sua proprietaria e Denise, col sorriso, e col calore di un’amica al suo fianco, ce lo ha consegnato, e forse ci ha rassicurato.

Adriana era già sparita. Non so se la rivedrò di nuovo volteggiare e schivare il mondo. Quel che so è che la vedo, la sento, in quegli spazi che non si chiamano ricordi. Forse Adriana non lo sa, ma ce l’ha fatta. È nel cuore di una giovane donna, che ha schivato e che fin da subito l’ha amata. Ma non come lei vorrebbe, meriterebbe, e sogna. Ogni singolo giorno.

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